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Comuni 'collaboranti' con l'Agenzia delle Entrate da 517 del 2016 a 253 del 2021

Roma, 20 nov. (Adnkronos/Labitalia) - Sono solo 253, poco più del 3% del totale, i Comuni italiani che nell’arco del 2021 hanno collaborato con l’Agenzia delle Entrate facendo delle segnalazioni che hanno portato l’amministrazione finanziaria a individuare situazioni di evasione o elusione fiscale. A evidenziarlo una elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel), per Adnkronos, basata su dati del ministero dell’Economia e Finanze e dell'Istat. L'analisi prende in considerazione lo strumento delle 'segnalazioni qualificate', che prevede importanti meccanismi premiali per gli enti che collaborano e che "potrebbe, quindi, servire a tradurre i proventi della lotta all’evasione in benefici diretti per il territorio interessato, ma che, ciò nonostante, continua a non sembrare attrattivo per i Comuni italiani", come osserva Csel. Mediamente, le amministrazioni interessate hanno ricavato da questa attività poco meno di 53mila euro ciascuna ma con ampie differenze: si va da un minimo di 19,56 euro, assegnate a San Pietro Clarenza, nel catanese, a un massimo di 1 milione e 776.848 euro, che è il contributo incassato dal Comune di Milano. Complessivamente, le segnalazioni qualificate hanno generato, per i 253 enti coinvolti, un 'tesoretto' da 6 milioni e 725.741 euro, con un lieve aumento rispetto allo scorso anno (+200mila euro circa), ma ancora molto lontano dalle somme di 6 anni fa, quando la stessa attività generava contributi per circa il doppio (13,3 milioni). Per spingere sempre più i Comuni a fare la loro parte nella lotta all’evasione, segnalando quelle anomalie e incongruenze che sono certamente più facili da intercettare da parte delle amministrazioni che hanno il contatto più diretto con i cittadini, gli incentivi economici per gli enti collaborativi sono stati via via elevati nel tempo. Se nel 2005 gli enti autori delle segnalazioni, ricorda Csel, si assicuravano il 30% delle maggiori somme relative ai tributi erariali riscossi a titolo definitivo, questa percentuale è stata poi rivista al rialzo, a più riprese, passando prima al 33%, poi al 50% (anche in relazione alle somme riscosse a titolo non definitivo). Infine, a partire dal 2012, il limite è stato innalzato al 100% del gettito derivante da ogni segnalazione che va a buon fine. Questa percentuale, teoricamente transitoria, è stata prorogata di anno in anno fino al 2021. "Una leva economica importante, quindi, sulla carta, ma che non sembra assolutamente fare presa tra gli enti locali del Belpaese. I Comuni non sono mai stati molto propensi ad avvalersi di questo strumento e, come già osservato lo scorso anno, la partecipazione, da sempre modesta, si sta progressivamente riducendo", avverte Csel. Il numero dei Comuni che hanno beneficiato del frutto di questa sinergia con l’amministrazione finanziaria ha subito una parabola discendente nel tempo, passando dai 517 del 2016, ai 435 del 2017, 393 del 2018, 387 del 2019, 280 del 2020, per fermarsi poi a quota 253 nel 2021.

L’87% delle somme ricavate dai Comuni italiani collaborando con l’Agenzia delle Entrate, con segnalazioni volte a individuare situazioni di evasione o elusione fiscale, è appannaggio di enti settentrionali, contro l’11% di quelli Centro e il 2% degli enti del Mezzogiorno. Ancora una volta, a fare la parte del leone sono Lombardia ed Emilia Romagna che, da sole, assorbono il 67% delle somme (4.482.079 euro). L'elaborazione di Centro Studi Enti Locali (Csel), analizza i proventi derivanti dall'attività di 'segnalazioni qualificate' da parte dei Comuni ed evidenzia grosse differenze a livello territoriale delle risorse recuperate attraverso questo strumento. Guardando alle singole Regioni, quella i cui Comuni hanno nettamente spiccato per i risultati conseguiti nella lotta all’evasione lo scorso anno è stata la Lombardia: con 68 Comuni 'attivi' nella lotta all’evasione e 2.826.395 euro incassati, ha assorbito da sola il 42% dei contributi totali. Subito dopo vengono l’Emilia Romagna, con 59 enti coinvolti e contributi per 1.655.684 euro (25%), e la Liguria che, con soli 11 comuni, ha consentito al Fisco di recuperare ben 943.280 euro (14%). A seguire troviamo: Toscana (565.543 euro), Piemonte (192.350), Veneto (164.839), Marche (91.442), Calabria (90.254), Lazio (53.684), Friuli Venezia Giulia (52.888) e Sardegna (38.404). In fondo alla classifica si collocano: Puglia (15.591 euro), Sicilia (14.261), Umbria (14.002), Campania (3.534), Molise (2.750) e Abruzzo (841 euro). Del tutto assenti ben 3 regioni, le stesse dello scorso anno. Si tratta di Basilicata, Trentino Altro Adige e Valle d’Aosta, che non risultano avere alcun Comune beneficiario delle risorse in questione. I singoli enti che nel 2021 si sono assicurati in assoluto le somme più consistenti attraverso le segnalazioni qualificate sono: Milano (1.776.848 euro), Genova (869.746 euro), San Giovanni in Persiceto (616.327 euro), Prato (338.768 euro) e Bologna (307.769 euro). Colpisce, ancora una volta, come un Comune di neanche 28mila abitanti, San Giovanni in Persiceto, nel bolognese, sia riuscito a far recuperare al Fisco una somma che supera di 11 volte il gettito incassato attraverso le segnalazioni della Capitale, ferma a 53.098 euro. In termini procapite, c’è però un piccolo Comune della provincia di Imperia che ha avuto un risultato ancora più sorprendente di San Giovanni in Persiceto (22,04 euro ad abitante). Si tratta di Vasia, Comune di 375 abitanti, che ha recuperato quasi 35mila euro, pari a quasi 93 euro ad abitante, contro una media di 1,25 tra quelle poche centinaia di Comuni che hanno comunque il merito di essersi attivati, con successo, per segnalare fenomeni elusivi o di evasione fiscale. "Un risultato, quello di Vasia, che colpisce ancora di più se lo si rapporta, ad esempio, al dato di Venezia che, con i suoi oltre 255mila abitanti, si è fermato a un recupero pari a 36.192 euro", conclude Csel.

Le 'segnalazioni qualificate' con cui i Comuni collaborano con l'Agenzia delle Entrate, permettendo di individuare situazioni di evasione o elusione fiscale, sono senza dubbio un prezioso strumento per promuovere la giustizia sociale e redistribuire alla collettività somme impropriamente sottratte al Fisco. Tuttavia, uno dei principali freni al loro uso è il fatto che la procedura da adottare per inoltrarle, è piuttosto complessa. A "Le segnalazioni - ricorda Csel - devono contenere i dati identificativi del soggetto in relazione ai quali sono rilevati comportamenti evasivi ed elusivi 'senza ulteriori elaborazioni logiche'. Non è sufficiente, quindi, indicare un potenziale evasore adducendo motivazioni generiche, ma i dipendenti comunali devono avviare una istruttoria e questo richiede tempo, impegno, personale qualificato e risorse strumentali e tecnologiche adeguate". Per incentivare l'utilizzo dello strumento servirebbe, secondo Csel, soprattutto maggiore formazione, anche pratica, da parte del ministero dell’Economie e delle Finanze: "Per un dipendente che deve procedere all'emissione degli atti facendo l'istruttoria richiesta per l'accertamento dell’Agenzia delle Entrate la formazione dovrebbe essere strutturale, operativa e non lasciata solo al mercato". "Un vero elemento di incentivo consisterebbe, inoltre, nel dare i soldi ai Comuni non dopo l'incasso da parte dello Stato, ma quando l'atto di accertamento diventa definitivo, posto che è proprio in quel momento che si certifica che il lavoro dei Comuni è stato corretto e ha portato lo Stato a consolidare una posizione creditoria. Non va dimenticato, a questo proposito, che spesso a un accertamento di imposte dirette può seguire un accertamento contributo, su cui i Comuni non hanno invece alcun incentivo", conclude Csel.


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