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Manzoni: Mattarella, 'popolare e non populista, l'invito a non inseguire umori folle'/Adnkronos

Milano 22 mag. (Adnkronos) - "È la persona e non la stirpe" o "l’appartenenza a un gruppo etnico, a essere destinataria di diritti universali". Quello che oggi definiamo multilateralismo deve prevalere sul "nazionalismo esasperato". L'attenzione per il popolo non può tradursi in un populismo che porta le classi dirigenti ad "assecondare la propria base elettorale o di consenso e i mutevoli umori delle folle anonime, per compiacerli a ogni costo, cercando solo un effimero consenso". Stavolta l'arbitro decide di estrarre il cartellino giallo e celebrando a Milano il 150/mo anniversario della morte di Alessandro Manzoni, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, approfitta dell'occasione per richiamare l'attenzione, pur senza riferimenti diretti, su alcuni principi imprescindibili che devono ispirare l'azione delle classi dirigenti, ricavabili dalla lettura dei 'Promessi Sposi' e non solo. Certo, occorre tener conto dei "tempi incommensurabilmente distanti", ma "il legame controverso che Manzoni, 'popolare' ma non populista' -come sottolinea il Capo dello Stato- stabilisce tra potere e opinione pubblica, tra giustizia e sentimenti diffusi, ci induce a riflettere sui pericoli che corrono oggi le società democratiche di fronte alla diffusione del distorto e aggressivo uso dei social media, dell’accentramento dei mezzi di comunicazione nelle mani di pochi, della disinformazione organizzata e dei tentativi di sistematica manipolazione della realtà". "E, anche, sulla tendenza, registrabile in tutto il mondo, delle classi dirigenti a assecondare la propria base elettorale o di consenso e i suoi mutevoli umori, registrati di giorno in giorno attraverso i sondaggi, piuttosto che dedicarsi a costruire politiche di ampio respiro, capaci di resistere agli anni e di definire il futuro". "Già nei Promessi Sposi, nei capitoli dedicati alla peste, Manzoni -ricorda il Presidente della Repubblica- scriveva icasticamente a proposito di questi rischi: 'Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune'. La 'Storia della Colonna infame' -un capolavoro di letteratura civile, compreso e rivalutato solo a partire dal secolo scorso- ci ammonisce di quanto siano perniciosi gli umori delle folle anonime, i pregiudizi, gli stereotipi; e di quali rischi si corrano quando i detentori del potere -politico, legislativo o giudiziario- si adoperino per compiacerli a ogni costo, cercando solo un effimero consenso. Un combinato micidiale, che invece di generare giustizia, ordine e prosperità -che è il compito precipuo di chi è chiamato a dirigere- produce tragedie, lutti e rovine". Considerazioni di carattere generale, che Mattarella, sempre citando passi del Manzoni, fa precedere da rilievi che rimandano a temi spesso al centro di aspre polemiche. Il Capo dello Stato ricorda così quanto l'autore dei 'Promessi Sposi' ambisse "a un’Italia unita, che non fosse una mera espressione geografica, una addizione a freddo di diversi Stati e staterelli, ma la sintesi alta di un unico popolo, forte e orgoglioso della sua cultura, della storia, della sua lingua, delle sue radici". "Cattolico integrale, ma mai integralista", ricorda ancora il Capo dello Stato, non contrappose alla "triade Dio, Patria e famiglia", quella "della Rivoluzione francese, libertà, eguaglianza, fraternità". Anzi, "il romantico e cattolico Manzoni non rinnega i valori della Rivoluzione francese, anzi, li approva e li condivide, insistendo soprattutto sul quello più trascurato, la fraternità", condannando invece "il giacobinismo" e l’"ideologia del Terrore e della violenza". Per questo in Manzoni "non c’è alcun quietismo, non c’è rassegnazione: sostiene i moti di indipendenza nazionale, incoraggia i venti di libertà che spirano in Italia e in tante altre parti del mondo, giungendo, davanti alle aggressioni e alle ingiustizie, a teorizzare la legittimità della resistenza". "Nella sua visione è la persona, in quanto figlia di Dio, e non la stirpe, l’appartenenza a un gruppo etnico o a una comunità nazionale, a essere destinataria di diritti universali, di tutela e di protezione. È l’uomo in quanto tale, non solo in quanto appartenente a una nazione, in quanto cittadino, a essere portatore di dignità e di diritti". "Nell’idea manzoniana di libertà, giustizia, eguaglianza e solidarietà -nota ancora il Capo dello Stato- si può scorgere una anticipazione della visione di fondo della Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo del 1948. Una carta fondamentale, nata dopo gli orrori della Seconda Guerra mondiale, che individua la persona umana in sé, senza alcuna differenza, come soggetto portatore di diritti, sbarrando così la strada a nefaste concezioni di supremazia basate sulla razza, sull’appartenenza, e, in definitiva, sulla sopraffazione, sulla persecuzione, sulla prevalenza del più forte. Concetti e assunti che –come ben sappiamo - sono espressamente posti alla base della nostra Costituzione repubblicana". Ma "dai diritti dell’uomo -è l'ultima considerazione di Mattarella che si lega all'attualità- la concezione manzoniana si allarga a quella del diritto internazionale e dei rapporti tra gli Stati, dove si ritrova una critica lucida e serrata al nazionalismo esasperato. Perché la moralità, la fraternità e la giustizia devono prevalere sugli odi, sugli egoismi, sulle inutili e controproducenti rivalità". (di Sergio Amici)

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