Stato-Mafia: Cassazione, approccio storiografico, sforzi imponenti per fatti poco rilevanti in economia giudizio
Roma, 10 nov. (Adnkronos) - ‘’Le sentenze di merito, conferendo di fatto preminenza ad un approccio storiografico nell'interpretazione del dato probatorio, hanno, inoltre, finito per smarrire la centralità dell'imputazione nella trama del processo penale, profondendo sforzi imponenti nell'accertare fatti spesso poco o per nulla rilevanti nell'economia del giudizio''. E’ quanto scrivono i giudici della sesta sezione penale della Cassazione nelle 95 pagine di motivazioni della sentenza, depositata oggi, che lo scorso 27 aprile ha reso definitive le assoluzioni per gli ex ufficiali del Ros, il generale Mario Mori, il generale Antonio Subranni e l'ufficiale dei carabinieri Giuseppe De Donno e per l’ex senatore Marcello Dell’Utri nel processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia.
‘’La Corte di assise di appello, dunque – secondo quanto scrivono i supremi giudici della Sesta sezione penale presieduta da Giorgio Fidelbo - non ha rispettato il canone dell'oltre ogni ragionevole dubbio nella sentenza impugnata, in quanto ha posto a fondamento della dimostrazione dell'avvenuta consumazione del reato di minaccia ai danni dei Governi Amato e Ciampi elementi di prova privi di adeguata efficacia dimostrativa, quanto all'avvenuta dinamica di trasmissione della minaccia da Mori al Ministro, e, al contempo, non ha dimostrato l'irragionevolezza delle ipotesi ricostruttive antagoniste prospettate dalla difesa sulla base delle prove acquisite al processo’’.
‘’Fermo restando il riconoscimento per l'impegno profuso nell'attività istruttoria dai giudici di merito, deve, tuttavia, rilevarsi che la sentenza impugnata, e ancor più marcatamente quella di primo grado, hanno, invero, optato per un modello di ricostruzione del fatto penalmente rilevante condotto secondo un approccio metodologico di stampo storiografico – si legge - Tuttavia, anche quando oggetto del processo penale siano accadimenti di rilievo storico o politico, e, dunque, connotati da una genesi complessa e multifattoriale, l'accertamento del giudice penale non muta la sua natura, la sua funzione e il suo statuto garantistico, indefettibile sul piano costituzionale’’.
‘’La trama di entrambe le sentenze di merito, pur muovendo dal corretto rilievo che la cosiddetta “trattativa Stato-Mafia” non costituisce di per sé reato, in quanto condotta non punita dalla legislazione penale, è tuttavia, monopolizzata dal tema dei contatti intercorsi, successivamente alla strage di Capaci, tra esponenti del Ros e quelli della associazione mafiosa denominata "cosa nostra" e dall'accertamento dello sviluppo degli stessi negli anni successivi, riservando un rilievo proporzionalmente minimale alle condotte contestate di minaccia al Governo – scrivono i supremi giudici - Tale marcata discrasia tra imputazione e oggetto principale dell'accertamento processuale ha, inoltre, determinato un'eccessiva dilatazione delle motivazioni delle sentenze, che hanno assunto, sia in primo, che in secondo grado, una mole imponente (5237 pagine in primo e 2971 pagine in secondo grado), tale da offuscare le ragioni della decisione e rendere le linee argomentative di difficile identificazione e interpretazione’’.
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